martedì 10 dicembre 2013

VenanzioCorreAncora-capitolo6-

CAPITOLO 6


Ciottoli, storie di un mondo antico

Quando partirono era ancora buio , un'oscurita' fitta e nell'aria l'umidita' intrisa di freddo penetrava dalle fessure delle sciarpe.
Si incamminarono, poiche' era previsto di procedere al passo. Quell'escursione doveva essere una prova alla quale Pino li voleva sottoporre perche' a breve avrebbero fatto assieme un corso di camminata nordica e lui, unico ormai convinto, con il ragazzo, della validita' della disciplina aveva bisogno di essere cerzo che avessero lo spirito giusto.
La sera precedente aveva radunato tutti in casa, sistemato il tavolo della sala, in centro alla stanza ed acceso il caminetto.
Il braciere emanava un odore di pino ardente con la resina che non ancora del tutto rinsecchita lo arricchiva di balsamiche proprieta'.
Erano presenti , oltre a lui ed alla Gian, la Bice, Benito, il Giacomo ed Assunta, mentre Jonathan , leggermente in disparte si faceva cullare dallo sdraio in vimini, dondolante.
Tutta la compagnia si godeva le poltrone ed il divano , presi dal "robivecchi" qualche settimana prima, provenienti a quanto pareva da un maniero delle montagne atesine, svuotate dagli eredi del casato e date via per pochi spiccioli.
Quei nuovi sofa' si adattavano perfettamente all'arredo gia' presente, con quella loro tinta marron chiaro, della quale la stoffa lievemente ruvida era stata a suo tempo scelta.
Pino aveva delegato al Giacomo un compito, quello di animare la serata a televisore spento, con una lettura particolare quasi dialettale, di un libro che aveva comprato la Gian alla cartoleria alanese da Milio. E alanese era anche l'autore, tal Martino Durighello, studioso e letterato contemporaneo della conca che avevano avuto il piacere di udire in alcuni suoi profondi racconti , fatti in pubblico, inerenti leggende e profezie della cultura locale.
Il libro, intitolato Ciottoli, era un condensato di vita vissuta, narrante i tempi della guerra e della fame di un ottantenne bambino, che con questa testimonianza romanzata stava lasciando ai posteri, pillole di saggezza popolare a rischio estinzione.
Leggeva il Giacomo e gli altri ascoltavano rapiti, poiche' riusciva a declamare e riportare perfettamente le assonanze dei termini dialettali. Era veramente un fine cantastorie lo storico lombardo.
La serata scivolava via tra il soffio sibilante della teiera e il profumo aromatico della tisana alla malva che il Benito "macchiava" strambamente con due gocce di liquore al pino mugo.
Ciottoli scorreva limpido e Giacomo narrava le storie contadine come fossero state sue personali. 
Jonathan s'era assopito e i maschi si alzavano a turno per attizzare il braciere alimentandolo con nuova legna ardente.
Nella penombra della stanza la poltrona del lettore appariva tenuemente lambita dall'intermittente bagliore del focolare ed al suo fianco sedevano sua moglie quasi appisolata e la Bice...La mia Gian dormiva con la testa poggiata sul rientro del comodo giaciglio verticale.
Venanzio osservava e si gustava quell'armonia cercata, voluta e trovata...Volse lo sguardo verso il tappeto ed i piedi di Giacomo; rapido e fuggitivo colse il tocco furtivo e svelto che il piedino della giunonica poso' come una carezza accennata sul dorso dello zoccolo del bresciano.

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