CAPITOLO 6
Ciottoli, storie
di un mondo antico
Quando partirono era ancora
buio , un'oscurita' fitta e nell'aria l'umidita' intrisa di freddo penetrava
dalle fessure delle sciarpe.
Si incamminarono, poiche' era previsto di procedere al passo. Quell'escursione
doveva essere una prova alla quale Pino li voleva sottoporre perche' a breve
avrebbero fatto assieme un corso di camminata nordica e lui, unico ormai
convinto, con il ragazzo, della validita' della disciplina aveva bisogno di
essere cerzo che avessero lo spirito giusto.
La sera precedente aveva radunato tutti in casa, sistemato il tavolo della
sala, in centro alla stanza ed acceso il caminetto.
Il braciere emanava un odore di pino ardente con la resina che non ancora del tutto rinsecchita
lo arricchiva di balsamiche proprieta'.
Erano presenti , oltre a lui ed alla Gian, la Bice, Benito, il Giacomo ed
Assunta, mentre Jonathan , leggermente in disparte si faceva cullare dallo
sdraio in vimini, dondolante.
Tutta la compagnia si godeva le poltrone ed il divano , presi dal
"robivecchi" qualche settimana prima, provenienti a quanto pareva da
un maniero delle montagne atesine, svuotate dagli eredi del casato e date via
per pochi spiccioli.
Quei nuovi sofa' si adattavano perfettamente all'arredo gia' presente, con
quella loro tinta marron chiaro, della quale la stoffa lievemente ruvida era
stata a suo tempo scelta.
Pino aveva delegato al Giacomo un compito, quello di animare la serata a
televisore spento, con una lettura particolare quasi dialettale, di un libro
che aveva comprato la Gian alla cartoleria alanese da Milio. E alanese era
anche l'autore, tal Martino Durighello, studioso e letterato contemporaneo
della conca che avevano avuto il piacere di udire in alcuni suoi profondi
racconti , fatti in pubblico, inerenti leggende e profezie della cultura
locale.
Il libro, intitolato Ciottoli, era un condensato di vita vissuta, narrante i
tempi della guerra e della fame di un ottantenne bambino, che con questa
testimonianza romanzata stava lasciando ai posteri, pillole di saggezza
popolare a rischio estinzione.
Leggeva il Giacomo e gli altri ascoltavano rapiti, poiche' riusciva a declamare
e riportare perfettamente le assonanze dei termini dialettali. Era veramente un
fine cantastorie lo storico lombardo.
La serata scivolava via tra il soffio sibilante della teiera e il profumo
aromatico della tisana alla malva che il Benito "macchiava"
strambamente con due gocce di liquore al pino mugo.
Ciottoli scorreva limpido e Giacomo narrava le storie contadine come fossero
state sue personali.
Jonathan s'era assopito e i maschi si alzavano a turno per attizzare il
braciere alimentandolo con nuova legna ardente.
Nella penombra della stanza la poltrona del lettore appariva tenuemente lambita
dall'intermittente bagliore del focolare ed al suo fianco sedevano sua moglie quasi
appisolata e la Bice...La mia Gian dormiva con la testa poggiata sul rientro
del comodo giaciglio verticale.
Venanzio osservava e
si gustava quell'armonia cercata, voluta e trovata...Volse lo sguardo verso il
tappeto ed i piedi di Giacomo; rapido e fuggitivo colse il tocco furtivo e
svelto che il piedino della giunonica poso' come una carezza accennata sul
dorso dello zoccolo del bresciano.
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