mercoledì 25 dicembre 2013

VenanzioCorreAncora-capitolo18-

CAPITOLO 18

Il corridor barbuto (Il Cesco)


Foto ArGo, trincee del Palon
Nella discesa verso la strada asfaltata, incontrammo diversi bivacchi rimodernati che un tempo furono baracche di comando e cuccette artigianali. Qualcosa di differente rispetto a quelli visti nelle gallerie. Casette erette a secco, un sasso sopra l'altro, con piccole finestrelle, letti con materasso in legno e stufette che scaldavano un ambiente ristretto, piccolo ma essenziale. 
La ricostruzione era piu' evidente guardando quei manufatti che certamente, esposti ai colpi d'artiglieria, erano stati bombardati.
La nostra corsa, in quelle decine di metri, tra salti in roccia e prato ben irto, s'era fatta piu' rapida e presto fummo a fianco dell'alpin di scaglie, vicino alla sede murata ed imponente della sede ANA di Possagno. Una croce ed una lapide ad eterna memoria, sulla quale era riportato:

" Dalla linea di schieramento
M.Bocaor-M.Meate-Cima Mandria-M.Palon
Gli alpini della 80° Divisione
VIII Raggr.to
Btgg.Levanna-Val Toce-Aosta
Antelao-P.di Cadore-Val Cismon
IX Ragg.to
Btgg.Pelmo-Svello-Exilles
Cervino-Cividale-Saccarello
Dal 24 al 28 ottobre 1918
Attaccarono le posizioni nemiche tra
Col dell'orso-Salaroli-Valderoa-Fontanasecca
Fino alla vittoria finale.

A ricordo del loro valore
e sacrificio
Il gruppo alpini di Possagno 
16 settembre 1990 "


Daniele Cesconetto
Eravamo fermi ad osservare uno sfondo lievemente annebbiato, dove le cime dei Colli Berici erano, si intravedevano appena e la piana era invece soltanto immaginabile.
Ci soffermammo invece sulla sagoma d'un uomo che saliva correndo, tra i tornanti sottostanti il Palo.
Camel bag stretto in vita, frontino che fungeva da cerchiello a raccolta d'una capigliatura ricciola, sul castano rosseggiante ed una barba folta.
Saliva a ritmo costante, come se non esistesse curva o cambio di pendenza, preciso come un metronomo scandente passo su passo,di quell'avanzare possente, nerboruto.
In una decina di minuti aveva fiancheggiato Castel Cesil, sfidando l'irta piu' importante, quasi prendendosi beffa del dislivello costante, poggiato di tornante in tornante su muraglioni a masso squadrato, finemente incastonati alla rupe.
Ci fu di fronte e si fermò a guardarci. Eravamo fisicamente sovrastati da quella sagoma atleticamente forgiata su un'ossatura robusta. Occhi vivaci e sguardo sicuro.
Ricordavo d'averlo veduto a qualche corsetta dei dintorni e forse in qualche pagina del web.
Si presentò, con cadenza tipicamente trevigiana:
< Bondì, sono giusto per Cima Grappa? Di quà non son salito mai. La me par erta...> e sorrise.
Lo salutammo e gli offrimmo del thè caldo che non rifiutò e fummo sorpresi dal comparire d'un sacchetto di Fonzies dal suo zaino, che divorò, bagnato dalla nostra bevanda calda.
Poche chiacchiere, giusto per sapere il cognome, Cesconetto. Uno che aveva corso anche in azzurro nelle cento chilometri.
Ci sembrò d'aver appena conosciuto un mito vero, uno di quelli che con poche chiacchiere segnavano un passo importante della corsa ad impegno probante. Ne avemmo prova vedendolo ripartire. 
Ripartì sulla salita impervia, come se non avesse interrotto mai la sua corsa, aggrappato al suolo con suole di scarpe che parvero cingoli d'un "Panzer" tedesco...e sparì tra le maglie fitte della "caliverna".
Ammirati, decidemmo di scendere ...


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