lunedì 9 dicembre 2013

VenanzioCorreAncora-capitolo2-

CAPITOLO 2

Giovanni corre...


Un ponticello al cui lato destro si erge una casa coloniale restaurata, bella, con un'entrata anticipata da un muretto a sassi, ben levigati e amalgamati con una punta di cemento grezzo tra le fughe , anch'esse ben raschiate.
E' incredibile quante cose ti rimangano impresse in pochi attimi di immagini inquadrate in corsa. Forse il tempo trascorso in valle mi aveva reso avido di ricordi da tener stretti e quindi riuscivo a godermi ogni dettaglio che mi offriva. Infatti di là ero passato decine di volte correndo ed ogni singolo passaggio mi aveva offerto spunti mentali.
Scendemmo in fila , a passo molto rapido, ma che fatica tenere il ritmo.
< E ora...Moro, passetu vanti o goe da fermarme cristo?!> Una frase perentoria che ruppe il silenzio rotto solo dal mio fiatone.
<No no, guardi che non ce la faccio. Di piu' non vado> e mentre gli rispondevo mi chiedevo se fosse stato trevigiano o veneziano. Quell'accento dialettale tipicamente veneto era incerto alle mie conoscenze.
La stradina in discesa salì di colpo per dieci metri e giungemmo sull'asfaltata del camposanto. 
Aveva usato un tono fermo, ma aveva un volto assai mite, solcato da un sorriso aperto dagli occhi costantemente irridenti...Sì, aveva un'espressione scherzosa.
Arrivati al bivio lui svoltò a destra, proprio mentre passava un tipo nerboruto, anche lui in corsa. Il capo rasato, un fisico asciutto , benchè tirato su nervi in tensione evidente. Aveva un fisico da rocciatore; smilzo ma tornito ed uno stile di corsa che tradiva la tendenza a praticare spesso i sentieri di montagna.
<Dai pò, tacheve drio che ndon a le cave...mi son Paolo e voi?> 
In realtà non era la prima volta che lo vedevo e apparve chiaro che anche il mio recente compagno di corsa lo aveva riconosciuto.
<Ciao Paolo, mi son Giovanni, no ze mia a prima volta che te vedo. Gò corso la "Corsa dea Trota" e ti ti ghe jeri, me ricordo ben...>.
A me fu subito piu' chiara la provenienza del foresto, che ora aveva tradito un accento piu' marcatamente veneziano.
Salutai Paolo a mia volta e tentai la rincorsa ai due.
Giunti al ponte Fobba, i due mi precedevano di una decina di metri, era chiaro che dovevo rallentare e mentre lo pensavo, anche Giovanni, in maniera pressochè simbiotica calò il ritmo, salutò Paolo che proseguì spedito e si accostò alla mia figura sempre piu' caracollante...La mia schiena gridava vendetta e i bastoncini erano a casa. La risalita in Prada si presentò particolarmente ardua e non avevo corso che cinque miseri chilometri. 
Cosciente di non poter cambiare lo stato delle cose , strinsi i denti e continuai a corricchiare. Giovanni posò una mano sulla mia spalla e disse: < Non so ancora come ti chiami, ma siamo vicini in tutto, visto che noto sei dolente di schiena e giuro che la mia non è da meno...Che dici? Un cicchetto al bar?> 
Ci fermammo... 

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