sabato 4 gennaio 2014

VenanzioCorreAncora-capitolo31-


CAPITOLO 31

La ferita nella montagna


Foto di ArGo
L'acqua ha scavato in profondità, l'irta estrema dopo la distesa di pini. Il ciglio e' ridotto al minimo in certi tratti di via, ma è compatto e gli si si cammina sopra, per non rischiare di storcer le caviglie ci si aggrappa ai rami degli alberi bassi, che sono sul limitar dal bosco a far da contenimento, tra noi e la rupe sottostante.

Scendo, ricordando le parole d'un amico alanese  che mi parlava, giusto qualche tempo prima, di una frana che aveva spezzato il sentiero, creando un vuoto su un passaggio di un piccolo "vallicello" , percorso in discesa da una vena risorgiva, scarsa ma costante in ogni periodo.
Ci arriviamo presto, forse prima del normale, poichè è molta la curiosità di visionare quella ferita, che pur non sanguinando sarà un pò mia. Il sentiero non c'è piu', inghiottito da uno strato ci creta melmosa e di sassi portati giu' dal torrente alluvionale improvvisato. Ora è posto piu' in alto, proprio alla base d'una roccia fondale , sulla quale scorre limpidissima l'acqua selvatica della pura montagna, non battuta, estesa verso l'alto in un contorcersi di roccia e cengie.
Bisognava saltar giu' di un metro e mezzo e risalir la china, facendosi aiutare dalla spinta di braccia sui bastoni, così mi raccontò, ma ora la mano dell'uomo , volontariamente ha battuto una nuova pista rialzata. I trevigiani di Falzè ammirano il candore dei sassi su cui, limpida, "slalomeggia" l'acqua risorgiva. 
Mi soffermo qualche istante e penso a chì con piccozza e badile e hi è stato lì a creare quel passaggio novello che facilita il passaggio ai viandanti meno aitanti, che avrebbero dovuto balzare altrimenti, di roccia in roccia.

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