giovedì 13 marzo 2014

VenanzioCorreAncora-capitolo44-

CAPITOLO 44

La tana del picchio

Foto di Placido Mondin
Giacomo ne ascoltava le tesi senza parlare, forse per rispetto all'impegno profuso nel condurci la', ma lo vedevo arricciare a tratti, tra le frasi del racconto, l'ingobbito naso aquilino.
La Gian offriva del the caldo ed Assunta qualche biscotto fatto in casa. a me tocco' quello con l'uvetta bruciacchiata e senza farmi notare lo posai in un buco incavato nel tronco d'un abete in punto di morte.
Il modesto filtrar della luce , condannava a morte gli alberi piu' piccoli, destinati a soccombere ed a marcire in piedi.
Quel biscotto lo pensai donato a quel picchio che Argo ci racconto' aver visto in zona, nell'inverno precedente, quando sali' in solitaria seguendo l'orme della volpe, su di un sottile strato di neve in dissolvimento.
Rifocillati ripartimmo. Ci disse che ora il cammino sarebbe diventato piu' dolce e descrisse la poesia dei luoghi che di li' a pochi minuti avremmo cominciato a calpestare ed accarezzare con lo sguardo.
Qualche metro dopo essere ripartiti il sentiero impenno' vorticosamente, traguardando un colle che dovevamo raggiungere, a quanto parve.
Se la dolcezza della via da seguire ancora era tale , quanto la premessa, allora quell'uomo cominciava a darmi sui nervi.
O era bugiardo oppure motivatore. Si guardo' indietro e lesse la perplessita' negli occhi di piu' d'uno di noi. Allora disse:

< Qui' e' irto, ma avanti, la fatica non puo' esser peggiore dell'ozio >.

Nessun commento:

Posta un commento