CAPITOLO 43
Gli omini di sassi
Foto di Placido Mondin |
Impervio, rude e scuro, quell'antro di terra
metteva pace e pensieri in disordine, giacche' il passo era sempre piu' stanco
e la mente si deconcentrava , avanzando.
Quel che vedemmo risalendo, puo' esser detto
solo in parte, poiche' il luogo nasconde segreti che devon restar tali ed
elementi che preferibilmente e' piu' utile restino celati, conservati ed
accuditi nel materno abbraccio di madre montagna.
Tutti uniti si continuava a salire,
fermandosi a riprender fiato ed a dar coraggio ai meno preparati, anche se, a
dire il vero, nessuno mi pareva tale.
Improvvisa, come una punta di freccia librata
in aria dall'arciere dei tempi, sulla destra, sulla cima del sentiero
zigzagante tra i massi, una grotta.
La strada per raggiungerla non e' sparita
quindi ed anche noi, nel nostro piccolo la stavamo aiutando a sopravvivere.
All'alpinista esperto non sarebbero sfuggiti
gli "omini di sasso", mucchietti di pietre ammassati piramidalmente,
simili ai piu' conosciuti segna via delle Ande dell'America del sud. Qualcuno
di noi si fermava a posare un sasso...Ecco il perche' del sentirsi un po' parte
della storia delle vie di guerra montane, in via d'estinzione ma curate da chi
ha a cuore il passato, come culla della cultura che porta al futuro.
Egli ci spiego' che quella grande insenatura
non era naturale, ma artifizio di origine bellica, forse deposito per munizioni
e forse ricovero per partigiani o genti , in fuga dall'oppressore germanico che
andava incendiando e depredando i paesi del fondo valle.
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